Il Cura Italia ha previsto che le compagnie di trasporti possano risolvere la questione dei viaggi non effettuati con un buono da spendere entro un anno. Ma il regolamento Ue dice altro
Sono partite le manovre per modificare in corsa i diritti dei viaggiatori. Parte dell’Unione europea si schiera con le compagnie aeree, che hanno (inevitabilmente) cancellato migliaia di voli e ora, in crisi nera, non vogliono rimborsare i clienti, ma dar loro il “contentino” del voucher.
Intanto l’Italia rinnega il regolamento europeo sui diritti dei viaggiatori e apre la strada a una possibile procedura di infrazione comunitaria. Il decreto Cura Italia consente alle compagnie di trasporto di imporre i voucher ai clienti che avevano prenotato (e pagato) un viaggio poi cancellato a causa del Coronavirus. Il regolamento europeo 261 del 2004, una sorta di “testo sacro” dei diritti dei passeggeri, arricchito e migliorato nel corso degli anni, prevede che se è la società di trasporto a cancellare il viaggio, il passeggero debba essere libero di scegliere tra rimborso o voucher, cioè un buono dello stesso valore da utilizzare entro un certo periodo di tempo.
Il Cura Italia, che venerdì 24 aprile è stato trasformato in legge, prevede qualcosa di molto diverso. All’articolo 88 bis, infatti, il testo dice che “l’emissione dei voucher previsti dal presente articolo assolve i correlativi obblighi di rimborso e non richiede alcuna forma di accettazione da parte del destinatario”. Tradotto: le compagnie possono emettere un buono – da utilizzare entro un anno – e, semplicemente, comunicarlo al cliente. Che potrà solo prenderne atto, visto che non avrà alcuna possibilità di scelta.
L’alternativa voucher-rimborso in tempi normali sarebbe comunque importante, ma in questo momento è vitale. Per le compagnie aeree, che stanno fronteggiando una crisi senza precedenti, tenere in cassa il denaro dei clienti (per voli mai operati) significa mantenersi attaccate al tubo dell’ossigeno, nella speranza che a questi soldi si aggiungano aiuti statali. Il governo sta già valutando un rilancio pubblico per Alitalia ma anche Lufthansa è in trattative con l’esecutivo Merkel.
Ma la questione non è meno importante per i clienti. Molti viaggiatori sono rimasti coinvolti nella crisi economica dovuta al Coronavirus, con metà della forza lavoro italiana bisognosa di un sussidio statale. Per quelle famiglie, i soldi di un biglietto aereo inutilizzato avrebbero potuto essere una specie di “welfare” d’emergenza, denaro sonante da poter utilizzare subito. Invece quelle famiglie dovranno per forza viaggiare entro i prossimi 12 mesi. Nonostante moltissimi italiani, in questo momento, stiano pensando a tutto fuorché a viaggiare.
Eppure la mossa dell’Italia è stata solo un assaggio. Perché durante il consiglio europeo dei ministri dei Trasporti, 12 Paesi membri hanno chiesto a Bruxelles di “emendare urgentemente il regolamento europeo sui diritti dei passeggeri per permettere alle compagnie aeree di rilasciare dei voucher al posto dei rimborsi in denaro”. I 12 Stati sono Belgio, Bulgaria, Cipro, Repubblica Ceca, Francia, Grecia, Irlanda, Lettonia, Malta, Paesi Bassi, Polonia e Portogallo. Non l’Italia, quindi, che una legge ad hoc l’ha già varata (seppure, al momento, passibile di procedura di infrazione) e neanche la Germania, che aveva già trovato l’accordo per togliere dal tavolo i rimborsi salvo poi fare marcia indietro.
Tuttavia, la proposta dei 12 Paesi europei prevede un meccanismo molto più flessibile rispetto a quello del Cura Italia. Dovranno infatti essere rispettati alcuni principi chiave, scrive la “fronta anti rimborsi”: “Informazioni trasparenti per i passeggeri, non discriminazione, una durata comune della loro validità, massima flessibilità nell’uso e un chiaro diritto di rimborso immediatamente alla fine del periodo di validità nel caso in cui il voucher non venga utilizzato”. I Paesi si dicono poi “pronti a esplorare” meccanismi europei per garantire il rimborso dei voucher ai consumatori in caso di fallimento delle compagnie che li hanno rilasciati.
Al di là delle leggi nazionali sono molte le compagnie aeree che sul proprio sito hanno fatto sparire qualsiasi riferimento al rimborso e tolto di mezzo i moduli per richiederlo. Nel Regno Unito, ad esempio, i consumatori lamentano grossi problemi con British Airways. Nel frattempo ci sono, però, compagnie aeree che consentono ai propri clienti di riscuotere il rimborso. Tra queste ci sono Alitalia, Lufthansa, ma anche RyanAir (anche se dopo 90 giorni) e EasyJet. Ma il rischio è che, dopo l’approvazione della nuova legge italiana, alcuni di questi vettori possano cambiare linea.
“Quanto previsto comprime eccessivamente i diritti dei viaggiatori, che dovranno farsi ingiustamente carico di supportare, con i loro sacrifici, l’industria del turismo”, dichiara Maria Pisanò, direttore del Centro europeo consumatori Italia (Cec).
Secondo Monika Nardo, consulente legale del Cec, si pone anche un problema di discriminazione: “Pensiamo a un volo prenotato da tanti turisti di nazionalità diverse: in caso di cancellazione, gli italiani riceveranno un voucher, mentre i tedeschi e gli irlandesi, ad esempio, potranno ricevere il rimborso”.
E non è tutto perché il voucher si basa sull’assunto che, nei prossimi 12 mesi, la compagnia aerea continuerà a volare. Ma in una fase di crisi acuta, questo non può essere dato per scontato. “Anche questo è un problema, perché a oggi non esiste l’assicurazione obbligatoria per insolvenza delle compagnie aeree” continua Nardo.
L’Italia non è l’unica ad aver pensato ai voucher come unica soluzione per “risolvere” il problema delle migliaia di voli cancellati in questo periodo. La Germania, come avevamo scritto, a inizio aprile aveva optato per i voucher spendibili entro 12 mesi e rimborso se, al termine di questo periodo, non venivano spesi. Ma lo stesso Bundestag ha scritto in una nota che “il governo federale non può decidere autonomamente”, e che per altri Paesi europei, che hanno introdotto soluzioni simili “la Commissione europea ha recentemente minacciato procedure di infrazione”.
È quello che pensa Massimiliano Dona, presidente dell’Unione nazionale consumatori, convinto che la legge “determinerà ricorsi e contenziosi e un giudice potrebbe prima o poi decidere di disapplicare la norma interna, dando ragione al viaggiatore oppure potrebbe esserci una pronuncia della Corte di Giustizia Ue, con ripercussioni a catena e a ritroso”.
L’Europa infatti non ha mai cambiato linea. Nelle linee guida pubblicate il 20 marzo la Commissione ha concesso alcune deroghe dal regolamento 261, ma non sui rimborsi da voli cancellati. L’Italia è entrata in territorio inesplorato. “Per questo avevamo proposto una modifica di quell’articolo, ad esempio dando il diritto al consumatore che non vuole utilizzare il voucher entro l’anno dall’emissione, di avere, alla fine di quel periodo, il rimborso in denaro come previsto ad esempio in Francia” conclude Dona
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