La Nuova Alitalia non riesce a decollare. E ora le nubi all’orizzonte si fanno sempre più dense. A meno di 20 giorni dallo scadere della proroga accordata a Fs, manca ancora il nome dei partner disposti a sottoscrivere il 40% mancante del capitale della NewCo: la sola novità è che nelle ultime ore Delta Airlines avrebbe incassato la disponibilità di China Eastern, sua partecipata al 9%, ad esaminare il dossier.

Ma si tratta di un approccio preliminare, difficile da decodificare. Che la situazione non stia volgendo al meglio è del resto provato dalla richiesta partita dal premier Giuseppe Conte di un vertice allargato a Mise, Fs e commissari da organizzare all’inizio della prossima settimana.

Nel frattempo giovedì 11 il commissario Stefano Paleari avrebbe avuto presso il ministero del Trasporti un preoccupato incontro con il sottosegretario Armando Siri, tornato personalmente in campo mercoledì 3 vista la brutta piega presa dalla vicenda.

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Quel giorno il parlamentare leghista aveva riunito nel suo ufficio l’amministratore delegato di Fs, Gianfranco Battisti, il capo di gabinetto del Mise, Vito Cozzoli, Paleari medesimo e gli altri due commissari, Enrico Laghi e Daniele Discepolo.

In 40 minuti venne fatto il punto della situazione sul piano industriale e della disponibilità manifestata da Fs e Delta – oltre che dal Tesoro, impegnato a convertire in azioni parte del prestito-ponte da 900 milioni – quanto a condizioni dell’investimento nella NewCo e alla relativa governance. Si ragionò anche della lettera inviata il 29 marzo da Battisti ai commissari, nella quale si chiedeva una ulteriore proroga al 31 maggio per mettere a punto l’offerta definitiva.

Ciò in relazione anche al completamento della cordata azionaria che, fino a quel momento, poteva però contare solo sul 60% del capitale (il 30% di Fs, il 15% di Delta e il 15% del Tesoro). La proroga sarebbe servita a raccogliere la disponibilità di un quarto socio – con il quale Fs aveva intavolato trattative – in grado di completare la cordata anche attraverso una più equilibrata distribuzione azionaria. La necessità di chiudere la pratica entro tempi certi e brevi, aveva però suggerito di restringere al 30 aprile la proroga chiesta da Fs.

Due giorni fa Paleari è dunque tornato da Siri, impensierito dal fatto che finora da Ferrovie non è pervenuto alcun piano, ma solo poche indicazioni sul mantenimento della flotta comprendente l’ipotesi dei 1.200 esuberi da ricollocare, la riorganizzazione delle rotte internazionali, il nuovo ruolo di Linate. Nella riunione di due settimane fa Battisti aveva peraltro precisato che il 25 marzo era stato sottoscritto un accordo di confidenzialità con Atlantia, con cui erano in corso interlocuzioni in merito a una eventuale partecipazione quale co-investitore nell’operazione.

Per avere più chiara la situazione, va precisato che Atlantia era stata invitata a valutare il dossier da Mediobanca, advisor di Fs. In seguito a quell’invito, nelle ultime due settimane si sarebbero svolti alcuni incontri fra i manager di Aeroporti di Roma, controllata da Atlantia, e quelli di Ferrovie, durante i quali sarebbero stati forniti solo suggerimenti operativi utili al confezionamento del piano e su come ottimizzare i costi e migliorare l’efficienza sulle attività da svolgere in aeroporto. Insomma, incontri essenzialmente tecnici che, allo stato, non avrebbero influenzato in alcun modo il vertice di Atlantia a proposito dell’eventuale partecipazione nel capitale di New Alitalia. Anzi, proprio ieri fonti vicine alla holding della famiglia Benetton hanno fatto sapere che Atlantia «non ha interesse a partecipare all’operazione» poiché mancano le ragioni industriali.

Sicché, a meno di un miracolo, difficilmente il 30 aprile le Fs, dopo mesi di indagini e di consultazioni con potenziali partner nazionali e internazionali, potranno presentare ai commissari una proposta capace di dare l’agognata svolta alla compagnia aerea. E’ pur vero che Delta potrebbe convincere China Eastern a valutare benevolmente il deal, ma da quel che trapela i cinesi parteciperebbero con una quota poco più che simbolica (il 5%?), che ovviamente non può risolvere il problema.

A questo punto solo la politica può risolvere il problema, individuando soluzioni che siano in grado di restituire all’Italia la sua compagnia di bandiera, se è davvero ciò che vuole. Il fatto che sia sceso in campo il sottosegretario Siri viene peraltro visto con sollievo dal vertice di Fs, da settimane in ambasce per essere stato lasciato solo a battersi in un settore fortemente competitivo dopo gli incoraggiamenti – tante parole ma niente fatti – seminati a piene mani in particolare dal ministro dello Sviluppo Luigi Di Maio.

Di fronte alla nuova situazione, ieri c’era chi ricordava che due settimane fa, durante un’audizione alla Camera, il commissario Discepolo aveva lanciato una sorta di ultimatum: «O Ferrovie ci porta il risultato oppure i commissari si troveranno costretti a mettere in liquidazione la società». Visto il caos sul fronte occupazionale che si verrebbe a creare, probabilmente la liquidazione resta l’ultima ratio. E tuttavia se nelle prossime ore non partirà un’azione concertata di moral suasion da parte del governo verso il sistema bancario e le grandi partecipate dello Stato, bene che vada sarà Lufthansa a raccogliere quel che resta di Alitalia.

Credits: ©ilmessaggero.it


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