Nonostante le tensioni la compagnia aerea low cost continua a realizzare ricavi. E sulle richieste dei dipendenti un documento detta la linea: meglio gli scioperi che cedere
«Meglio gli scioperi» che «fare concessioni» che porterebbero a «costi più alti» o a una «produttività più bassa». E che rovinerebbero «uno dei modelli migliori di gestione di una compagnia aerea». Con spese basse. Tariffe convenienti. Profitti alle stelle. La posizione di Ryanair dopo gli scioperi dei suoi dipendenti il 25-26 luglio e il 10 agosto in mezza Europa era già racchiusa in quella frase a pagina 10 della presentazione dei dati finanziari del trimestre aprile-giugno 2018. E spiega perché il braccio di ferro tra l’amministratore delegato Michael O’Leary e parte del personale non si risolverà facilmente.
Il confronto interno all’azienda
«Continuiamo a parlare con i sindacati dei piloti e degli assistenti di volo», chiariscono da Ryanair. «Ma ci aspettiamo altri scioperi quest’estate perché non abbiamo intenzione di cedere alle richieste irragionevoli che metterebbero in pericolo le basse tariffe e il nostro modello di gestione altamente efficiente». La diatriba — esplosa a settembre con migliaia di voli cancellati ufficialmente per un errore nella gestione dei riposi, ufficiosamente per la mancanza di piloti — vede il personale chiedere migliori condizioni di lavoro. Soprattutto: non più contratti irlandesi, ma stipulati secondo le norme dei Paesi in cui i dipendenti sono situati.
Il bastone e la carota
Richieste che O’Leary ha affrontato prima con la carota, offrendo più soldi. Poi con il bastone, minacciando di muovere altrove aerei e persone già nella prossima stagione invernale (che in aviazione inizia a fine ottobre). Non è un caso se il primo segnale minaccioso l’ha voluto lanciare dal suo cuore operativo, la base di Dublino, annunciando che gli scioperi hanno fatto calare le prenotazioni invernali e che si sta pensando di ridurre del 20% la flotta mettendo a rischio 300 posti di lavoro da riallocare in Polonia. Secondo gli analisti di Hsbc la prospettiva di Ryanair è quella di diventare una «easyJet ben gestita una volta risolte le dispute con i sindacati», riferendosi alla seconda low cost d’Europa che ha buoni rapporti con le sigle dei Paesi in cui opera e che stipula contratti locali. «Ma il modello di Ryanair non può cedere a quelle richieste altrimenti non funzionerebbe più», replica al Corriere un dirigente della low cost.
I bilanci da record
Sono i numeri a confermare la validità economica. E, parlandone in privato, pure diversi amministratori delegati di grandi colossi dei cieli europei e nordamericani. Ogni passeggero sborsa in media 38,7 euro per volare con Ryanair, la tariffa più conveniente d’Europa e tra le più basse del mondo secondo un’analisi del Corriere. Wizz Air, la low cost ungherese, segue con 46 euro, poi c’è easyJet (60). Bassi sono anche i costi di trasporto per la compagnia, al netto del carburante (che pesa per circa un terzo delle spese). Per ogni cliente che vola sui suoi Boeing 737 Ryanair paga 27 euro, Wizz Air 40, easyJet 51. Di questi il costo del personale (piloti, assistenti di volo, personale di terra, amministrativo e tecnico) ammonta a 6 euro per passeggero di Ryanair, un euro più di Wizz Air che ha meno uscite retributive perché localizzata nell’Est Europa.
La spesa dei viaggiatori
Il risultato finale è nei bilanci ufficiali: per Ryanair 7,15 miliardi di euro di ricavi nell’anno finanziario 2017-2018 (terminato al 31 marzo scorso), un utile netto di 1,45 miliardi di euro, +10% sui dodici mesi precedenti e nonostante i 20 mila voli cancellati. Ancora più sorprendente vedere all’interno dei ricavi. Quelli «ancillari» (come la scelta del posto, l’imbarco prioritario, il cibo a bordo, il bagaglio in stiva) sono saliti del 13%, a quota 2,02 miliardi di euro. Oltre 65,1 milioni di passeggeri (la metà nel periodo aprile 2017-marzo 2018) hanno pagato per la scelta del posto, oltre 39 milioni (30%) per l’imbarco prioritario e la tariffa «Plus». Un record.
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